L’acqua è Vita, sprecarla e da incoscienti. Così dicevo nella pagina riguardante l’ecologia, ma anche inquinarla è da criminali. Prendiamo come esempio il fiume Olona: mio padre mi diceva che in gioventù poteva fare il bagno e anche pescare (prima dell’ultima guerra mondiale). Ora si stenta a credere che questo fiume potesse avere le acque limpide e piene di pesci.
Però! se non è una mia impressione, da qualche tempo a Castellanza non noto più le chiazze bianche di schiuma che galleggiavano beate trasportate a valle dalla corrente. Forse perché alcune fabbriche che sversavano sono fallite? o è opera dei depuratori? Forse per tutte e due le cose. Anche se sul Corriere Della Sera, articolo di Roberto Rotondo del 2/7/2016, scriveva che L’Olona è un fiume malato e il 40% dell’acqua non viene depurata. Sono i risultati della relazione tecnica presentata alla commissione Ambiente del consiglio Regionale.
Il fiume Olona ha proprie sorgenti alla Rasa di Velate, località Fornaci della Riana al Sacro Monte di Varese (m. 548), a cui si aggiungono, nelle immediate vicinanze, altre 5 piccole sorgenti. Copre 104 chilometri complessivi di tracciato, dalla Rasa di Varese fino al Naviglio Grande. Per approfondire VALLEOLONA.COM)
Nel 1610 nasce il Consorzio del fiume Olona, che ancor oggi ne gestisce le acque; in quel periodo lungo il suo corso si contano 116 mulini ad acqua con 463 rodigni. Con la rivoluzione industriale il fiume vede progressivamente peggiorare la qualità delle sue acque fino a circa un ventennio fa, dove si assiste ad un’inversione di tendenza, dovuta sia agli impianti di depurazione, sia alla normativa sugli scarichi industriali. Il processo di risanamento dell’Olona, nel tratto della provincia di Varese, è iniziato nel 1966 con la nascita del Consorzio Volontario per la tutela, il risanamento e la salvaguardia delle acque del fiume Olona. Nel 1983 si costituisce a Varese la Società SOGEIVA S.p.A., con il compito di gestire gli impianti di depurazione. Oggi i depuratori dislocati in Provincia di Varese sono circa 80; i principali, lungo tutto il corso, sono a Varese, Viggiù, Cantello, Cairate, Olgiate Olona, Saltrio, Canegrate e Pero. E’ in fase di progettazione il depuratore di Gornate Olona. Oggi il fiume lungo il suo corso riceve più di 20 scarichi industriali, di cui 3 in provincia di Milano; nella sola provincia di Varese gli scarichi civili di fognature non ancora depurate sono circa 50. Il fiume Olona viene monitorato in 3 stazioni più la sorgente in provincia di Varese, e in 2 stazioni in provincia di Milano: Legnano e Rho; i campionamenti sono mensili per i parametri chimico-fisici di base e le analisi microbiologiche e trimestrali per il campionamento biologico con metodo I.B.E., tramite riconoscimento di macroinvertebrati bentonici. Il piano di tutela delle acque si propone che ogni corpo idrico superficiale raggiunga, entro il 31/12/08, l’obiettivo di qualità ambientale “sufficiente ” ed, entro il 31/12/2016, l’obiettivo di qualità ambientale “buono “. Ci auguriamo ovviamente che i tempi siano rispettati, per tornare a quelle “antiche acque” che, come ci ricordano gli anziani, venivano utilizzate per rinfrescanti bagni estivi. Questa speranza al momento non mi sembra che si sia realizzata.
Il 22 luglio 2004 si è sottoscritto in Regione il “contratto di fiume” tra i vertici della Lombardia, ARPA Lombardia, Province di Milano, Varese e Como con i rispettivi ATO, Autorità di Bacino del Fiume Po, Agenzia Interregionale per il Fiume Po, Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia e 78 amministrazioni comunali dislocate lungo l’Olona e i torrenti Lura e Bozzente, con il compito di coordinare interventi di recupero ambientale e prevenzione.
E arriviamo a oggi: in un articolo della redazione@varesenews.it pubblicato il 23 ottobre 2017 il circolo PD della valle Olona mette come punto saliente del loro programma il Fiume Olona, mettendo in risalto i problemi che lo opprimono e di quali soluzioni istituzionali adottare per cercare di ridare lustro ad una Valle Olona che, da tempo, sale più agli onori della cronaca per i miasmi che la avvolgono piuttosto che per le eccellenze che la compongono.
Sta di fatto che per trasformare il fiume Olona dalle acque maleodoranti in un fiume dalle acque cristalline, con tutta la buona volontà che gli addetti ai lavori mettono, dovranno passare ancora parecchi anni. E nel frattempo cosa si potrebbe fare? sembra una idea strampalata, ma perché non sfruttare il dislivello dei corsi d’acqua per alimentare turbine in grado di produrre energia? “Un fiume altamente inquinato che produce energia verde”. E l’energia prodotta venga usata per la comunità, mentre i costi che li paghino chi ha inquinato o lo sta facendo anche in questo momento.
Tecnicamente il fiume Olona si presta benissimo a questo tipo tecnologia in quanto necessita di portata d’acqua e sbalzi contenuti.
Questo principio è alla base dell’idroelettrico, una tecnologia magari poco sofisticata ma di certo assai efficace e molto “green”. (preso da infobuildenergia)
Se ai più è noto il ricorso all’energia idraulica prodotta attraverso l’ausilio di enormi dighe, forse è meno conosciuta la sua applicazione su scala ridotta, in grado di sfruttare corsi e salti dalla portata d’acqua più contenuta.
Stiamo parlando dunque del microidroelettrico che comprende impianti di potenza inferiore ai 100 kW. Nella stessa categoria si può inserire l’ancora più ridotto Pico idroelettrico, che comprende impianti di potenza inferiore a 5 kW, con utilizzi di salti di pochi metri d’acqua e con un minimo di 0,5 litri d’acqua al secondo.
Per avere un’idea di cosa stiamo parlando vediamo di capire cosa consuma in media una famiglia di quattro persone: circa 2700 kWh all’anno con una potenza impiegata di 3 kW di potenza al contatore. Per una spesa di circa 600 euro/anno. ( 1 kWh= 3600 x W/1000= 3,6 x W)
Il microidroelettrico soddisfa generalmente le necessità di piccole comunità, fattorie, singole famiglie, o piccole imprese.
Il funzionamento di un impianto non è troppo complicato. L’energia posseduta dalla corrente di un corso d’acqua aziona infatti una turbina idraulica in grado di trasformare l’energia potenziale o cinetica in energia meccanica, la quale consente di alimentare un alternatore che la trasforma in energia elettrica. Per gli impianti di dimensioni molto ridotte (2-3kW), la turbina, che è il componente principale dell’impianto, può alloggiare direttamente nel corso d’acqua, mentre per gli impianti di dimensioni più grosse si utilizzano apposite opere civili che prelevano parte dell’acqua dalla corrente del corso, che viene poi restituita in un punto più a valle, dopo aver attraversato la turbina.
Questo tipo di tecnologia comporta numerosi vantaggi per chi lo realizza. Anzitutto non prevede investimenti cospicui consentendo anche un veloce ritorno dall’investimento, inoltre gode dei benefici derivanti degli incentivi previsti per la produzione da fonti rinnovabili. Non solo: anche dal punto di vista ambientale la realizzazione di un impianto microidro è da considerarsi piuttosto utile. Consente, generalmente, un miglioramento delle condizioni idrogeologiche del territorio e soprattutto produce energia senza inquinare.
Indicativamente la spesa per un impianto micro idroelettrico varia dai 1500 ai 3000 €/kW installato.
Chissà se qualche Comune penserà a questa soluzione?