Recensione di Enrico Tordini – scrittore e opinionista calcistico- sul romanzo: “13 sfumature d’uomo”
I paesaggi sono tutti uguali, ma c’è una gran differenza negli occhi di chi li guarda. Una frase enunciata qualche secolo fa da un tal Baudelaire, che tra fiori del male, assenzio e droghe di visuali distorte se ne intendeva, che potremmo riadattare pari pari al testo della Stefania Fiorin. Si, perché i ritratti maschili che la nostra bionda autrice verga ( no doppisensi, please ), con pennellate vigorose e nitide, sembrano volerti dire: guarda, che le cose non sono come sembra, anzi. Anzi… meglio soprassedere.
Noi maschietti abbiamo questa innaturale tendenza alla pura sopravvalutazione delle nostre virtù, o perlomeno di quelle sfaccettature personali che, chissà perché, ci ostiniamo a ritenere tali, e Stefania ci riporta con i piedi per terra e smonta il nostro ego gonfiato a dismisura dal quel narcisismo che è il nostro fedele compagno di vita, dalla culla alla tomba.
E non si limita a questa opera di distruzione, che in confronto l’uragano Katrina pare un innocuo venticello, ma seleziona e classifica il maschio in varie tipologie, senza fare sconti, anzi provando un sottilissimo piacere a girare il coltello nella piaga. Tutto questo senza scendere nei soliti, triti luoghi comuni, senza voler dare giudizi o dispensare consigli di etica e morale, come una novella Donna Letizia del terzo millennio: così è, se vi pare, tanto per continuare l’orgia delle citazioni. E anche se non vi pare, verrebbe da aggiungere.
Stefania individua i sintomi e stila una diagnosi, poi ognuno è libero di andarsi a cercare la cura che vuole, ammesso che desideri farsi curare, perché alcuni casi, come lei ci insegna, sono semplicemente patologici.
Perciò, da maschio sciovinista, prendo atto del mio status, e consiglio la lettura a tutti, a prescindere: oltre ad avere delle idee Stefania sa anche scrivere, e si tratta di un binomio raro, credetemi.