Patrizia Emilitri è nata in provincia di Varese, dove vive insieme al marito, i due figli e tre cani.
Ha vinto numerosi premi letterari, tra i quali il Premio Chiara sezione inediti con il volume Racconti.
Collabora con l’associazione culturale “Le curiose” e organizza corsi di scrittura.
A tu per tu con … Patrizia Emilitri di Ambretta Sampietro
La carezza leggera delle primule (Sperling & Kupfer) è uno dei romanzi della scrittrice di Vedano Olona Patrizia Emilitri. Importante traguardo del suo percorso letterario iniziato con alcuni riconoscimenti ai suoi racconti in concorsi della zona di Varese, quali il “Conca Azzurra” di Ranco nel 2009 con il racconto “La volta del Bricolla”, in seguito ampliato e diventato romanzo edito da Macchione e la vittoria ex- aequo al Premio Chiara inediti 2010. Altri due romanzi, “Il testamento della maestra Elma” e “L’amore è morto”, sempre per Macchione prima di essere notata dall’agenzia letteraria Thesis che l’ha proposta a Sperling & Kupfer. Nel frattempo, come Patrizia Crespi, ha firmato due e-book “Vieni a cena stasera” e “Solo con te” per Sperling Privée. “Solo con te” uscirà anche in cartaceo per l’etichetta Pickwick. Ventuno romanzi all’attivo in totale, ancora quattordici inediti, ma Patrizia continua a scrivere, che è la sua grande passione.
Di cosa tratta “La carezza leggera delle primule”?
E’ la storia di tre donne di tre epoche diverse, Marta vissuta nel Seicento, Clorinda nata nell’Ottocento e Claudia una ragazza dei nostri giorni. Sono legate da un quaderno con ricette alchemiche appartenuto a Marta, accusata di stregoneria e condannata a morte.Nel momento in cui viene uccisa lancia una maledizione a chi l’ha condannata e alla sua discendenza. Clorinda è la prima dei discendenti che Marta riesce a trovare e trasmette a lei il quaderno e la maledizione. Clorinda diventerà vecchia in breve tempo e rimarrà vecchia per l’eternità finché non riuscirà a rompere la maledizione. Claudia, studentessa universitaria di lettere e aspirante scrittrice, riceve da Clorinda un manoscritto suddiviso in varie buste. E’ la storia della sua vita, scritta molto bene. Claudia dapprima è incredula, alcune cose appaiono inverosimili, alla fine comprende che il libro di Clorinda è la ricerca della sua morte dopo duecento anni di vita. Sono citati alcuni fatti storici, ma la Storia passa un po’ di fianco per non distrarre il lettore dalla vicenda delle tre donne. Il romanzo è ambientato a Varese, in Liguria, a Milano e Lugano. Per ora sta andando molto bene, ho avuto recensioni molto positive su testate prestigiose.
Come è nata la storia?
Da un quaderno di mio nonno materno Felice Marchesi, che avevo trovato qualche anno fa nella soffitta della sua casa di montagna in Trentino. Conteneva strane ricette, alcune sono riportate nel libro. All’epoca del ritrovamento stavo preparando un evento sulla stregoneria per un festival di giallo. Il quaderno e le streghe di Venegono mi hanno dato l’idea per questa storia un po’ magica con una maledizione legata proprio al quaderno. Ho trovato anche alcuni rarissimi verbali di processi di stregoneria, di solito il verbale veniva bruciato insieme alla strega. Mio nonno, mantovano di origine, era geometra al Genio Civile di Varese e viveva a Masnago. Aveva una grande passione per la chimica, penso che le ricette le abbia copiate, non so se veramente abbia mai provato a fabbricare pietre preziose. Sul libro c’erano ricette per diamanti, topazi, smeraldi, rubini e perle. Forse sono ricette per creare pietre sintetiche. Mio nonno è morto vent’anni fa, io trascorrevo lunghi periodi in montagna con lui, stavamo molto bene insieme. Lo vedevo trafficare con alambicchi e mortai ma non mi aveva mai raccontato niente di quello che faceva. Acquistava oggetti antichi molto particolari e si era parlato molto di lui quando era andato a soccorrere la popolazione del Po durante la Grande Piena. Ho trovato anche un carteggio che mio nonno scambiava con una signora italiana che viveva in Costa Rica. La corrispondenza parte dal 1946 e finisce nel 1978 con il necrologio della signora. Ho le lettere originali scritte dalla signora e le minute di quelle di mio nonno, si raccontano la vita di tutti i giorni e gli eventi politici dei rispettivi paesi. La signora parla anche di rivoluzioni, problemi economici e momenti di fame in Costa Rica. Ci sono anche le storie della mia famiglia in un arco temporale di circa trent’anni, il matrimonio dei miei genitori e la mia nascita. Ho trascritto tutte le lettere, che erano scritte a mano, forse le userò per un romanzo.
Tra i ringraziamenti del libro ci sono anche i tuoi cani. Come mai?
Quando scrivo, per sentire se musicalmente mi piace ascoltare il ritmo di quello che ho scritto, chiamo i miei tre cani e leggo davanti a loro. Ogni tanto mi guardano, alzano la testa, si siedono annoiatissimi ma ho bisogno di loro, mi piace avere l’idea che qualcuno mi stia ascoltando e per questo motivo li ringrazio in fondo ad ogni libro. Sono sempre insieme a me quando scrivo, la piccola a volte mi chiede di venire in braccio e gli altri si accucciano accanto ai miei piedi.
I SUOI ROMANZI
Mariano ha sempre fatto il suo dovere: di figlio, obbediente; poi di studente, serio e determinato, salvo una breve sbandata; di collaboratore, affidabile; e ancora di dirigente, di imprenditore, capace di portare una piccola azienda a competere sui mercati internazionali; e anche di marito e di padre, che, seppur assente, nulla ha mai fatto mancare alla famiglia. Lisa, pure, ha fatto il suo dovere, di brava ragazza, ma soprattutto di moglie, e poi di madre, che si è accontentata del secondo posto dietro la carriera nella vita del marito, ha cresciuto i figli, ha curato la splendida villa sul lago. Lisa e Mariano sono sposati da più di trent’anni e, ora che finalmente lui andrà in pensione, potranno vivere insieme la vita che a lungo hanno desiderato. Ma dopo tutto questo tempo la distanza tra loro è silenziosamente cresciuta, e il peso delle rinunce, dei desideri spenti e delle cose non dette ha aperto un vuoto popolato di ombre minacciose… Alternando le voci di Lisa e Mariano, Patrizia Emilitri racconta con sensibilità e precisione di sguardo la storia di un matrimonio: l’avvincente doppia confessione di un uomo e una donna che si sono persi quasi senza accorgersene, anteponendo il dovere alla felicità, credendo che fosse giusto e illudendosi che il primo avrebbe garantito la seconda.
Capita a tutti di perdersi, prima o poi. Capita a tutti di sentirsi incompresi e di non sapere bene quale strada scegliere.Insomma, capita a tutti di non sapere proprio cosa fare. Vorremmo che qualcuno ci consigliasse, che accendesse una luce per farci vedere dove andare. A volte i suggerimenti arrivano in maniera inaspettata e molto insolita,così insolita che da principio si fatica a crederci. Però, se ascoltiamo bene, sembra che dicano proprio quello che serve a noi.Un favola, ma forse una storia vera, un racconto per ragazzi che piace agli adulti.Patrizia Emilitri ci incanta con un bosco che tutti abbiamo attraversato.
La bambina che trovava le cose perdute
A Vier, un piccolo borgo sospeso in provincia di Trento, Noemi Rainer ha una graziosa vineria, il Rosa Bianca – dove vende composte, sciroppi, oltre, naturalmente, al vino -, e un segreto. Un dono che per molto tempo ha chiuso in un angolo dentro di sé, ma che ora torna a bussare nella sua vita. Il segnatempo che domina da più di trent’anni la piazza del paese tutt’a un tratto è scomparso. Qualcuno dice che è magico, qualcun altro, più devoto, che sia benedetto, e sono in molti a Vier a essere convinti che quella scultura porti davvero fortuna, come promesso dal suo scultore. E l’unica che può aiutarli a ritrovare il portafortuna ora è lei, la bambina, ormai adulta, con il dono: quello di ritrovare le cose perdute.
La carezza leggera delle primule
L’aria è gelida, a ricordare che l’inverno non è ancora finito. Un cielo plumbeo incornicia i pensieri di Claudia. Il sole sarebbe stato fuori luogo, nel giorno del funerale di sua madre. Lacrime, formalità, pratiche da sbrigare: il triste copione va in scena. Ma qualcosa di insolito accade quel pomeriggio stesso, quando Claudia riceve una strana busta accompagnata dalla lettera di una sconosciuta. La donna le affida un manoscritto inedito, una storia straordinaria di cui la ragazza, aspirante scrittrice, potrà servirsi per arrivare al successo. Clorinda è ricoverata in una casa di riposo. Ormai la sua vita è quasi tutta alle spalle, così almeno credono gli altri. Ma lei nasconde un segreto che è arrivato il momento di svelare. Una vicenda che ha radici molto lontane, nel giorno in cui Clorinda ha sfidato il proprio destino, scampando alla morte. Per farlo, si è servita di un vecchio quaderno di ricette appartenuto a una donna accusata di stregoneria, e ha attirato su di sé una terribile condanna. Ora, dopo tutti quegli anni, ha finalmente trovato la persona cui consegnare la propria storia. Qualcuno che condivide con lei molto più di quanto possa immaginare. Qualcuno che, come è stato per lei in passato, dovrà fare una scelta pericolosa. Una storia al confine tra realtà e sortilegio, un romanzo che racconta di donne al bivio tra ciò che è giusto e ciò che vogliono davvero.
Via Venanzio Martini 2 (I Take Away Vol. 2)
Il piccolo condominio di Via Venanzio Martini al numero 2 è la casa di Mariuccia dal 1946, quando, sposina imbranata, ci portò un letto regalato dalla mamma di Attilio, suo marito, un armadio comprato a rate dal signor Bartolo, il falegname, e tre sedie.
Solo tre.
La ditta Martini Lamiere era proprio accanto: una scatola di cemento chiaro con grandi vetrate che guardavano verso la casa, così vicine che durante il giorno le donne potevano salutare i loro mariti dalla finestra.
Quante cose sono accadute in più di sessant’anni. Non basterebbero mille pagine per raccontarle… e Mariuccia lo fa per noi. Ci racconta di lei e delle coppie diventate famiglie in quel condominio. Ci mostra i bambini diventati adulti, alla scoperta del loro futuro, e dei genitori diventati vecchi.
Adesso Via Venanzio Martini è diversa, resto solo io.
Sono io il passato, ma non trascorro il mio tempo con malinconia. Ogni tanto scendo i tre scalini che mi separano dal cortile e offro gelatine di frutta ai bambini che mi chiamano nonna. Racconto loro di quando al posto delle palazzine c’erano i campi di patate e mais, mostro loro dov’era il grande ciliegio, proprio lì, dove adesso ci sono quattro garage di lamiera, e del lungo tavolo di legno scuro dove i piccoli facevano i compiti e i grandi giocavano a carte. Di quando alla Martini Lamiere entravano e uscivano camion tutto il giorno. Loro hanno visto solo il suo scheletro, quel capannone abbandonato dagli anni novanta.
Come se l’amore potesse bastare
Quando torna a vivere in paese insieme al marito e ai due figli, Barbara ha più di una verità da nascondere. È dura ammettere che hanno dovuto chiudere il negozio, che sono in un mare di debiti e non possono più permettersi di mantenere l’appartamento in città, che sono diventate una delle tante famiglie colpite dalla crisi. Solo con sua madre non può far finta di niente; del resto, per una madre, la più lieve increspatura del viso è una finestra aperta sul cuore di un figlio. Ma c’è qualcos’altro che nemmeno lei deve scoprire: un segreto che Barbara custodisce in grembo e che sta per costarle la decisione più difficile della vita. Una sera, mentre i pensieri le tolgono il sonno e l’unico conforto sembra essere un documentario alla tv, un piccolo dettaglio la scuote all’improvviso. Nello studio di un famoso architetto, lì sullo schermo, c’è qualcosa che Barbara conosce molto bene: la statuina intagliata nel legno che sua nonna ha sempre custodito gelosamente. Nonna Gentile: una roccia per tutta la famiglia, una donna coraggiosa capace di crescere da sola quattro figli al tempo della guerra, con il marito disperso al fronte. Perché nessuno sa – o vuole – spiegarle come mai quel piccolo oggetto sia finito là? Perché sua madre sembra infastidita dall’argomento? C’è un punto oscuro nella vita della nonna ed è lì che Barbara vuole scavare…
Tea. Storia di una donna dalla A alla Z
Tea Sosta Berti è una donna che sa bene dove è cominciata la sua vita: sulle scale di una chiesa. Aveva quattro anni. “Aspetta qui” le aveva detto la mamma. E lei l’ha aspettata, sempre. Anche all’orfanotrofio. Anche tra le braccia del suo Arci, insieme ai figli, nipoti e compaesani. Sosta è il cognome che una suora ha trovato per lei sul vocabolario. Quell’enorme libro l’ha accompagnata per tutta la vita: cercava, tra quelle pagine, il nome di sua madre. Le parole non sono una semplice sequenza di lettere: con esse Tea ci parla del suo quotidiano, ci fa sorridere, commuovere ed amare lo scorrere della vita.