ENEA BIUMI (pseudonimo di GIULIANO MANGANO) è nato a Varese il 17 settembre 1949. Si è laureato presso la Facoltà di Lettere Moderne dell’Università Statale di Milano con una tesi sulle Cooperative edilizie a proprietà indivisa in provincia di Milano. È stato insegnante di Lettere a Milano, Gallarate, Luino e fino al congedo pensionistico all’I.S.I.S. “E. Stein” di Gavirate (Va) dove ha diretto anche un Laboratorio teatrale. Con alcuni amici ha fondato la Compagnia Teatrale “Il volto di velluto” di cui è stato regista ed attore. Fa parte del gruppo folk Bosino di Varese come fisarmonicista e del Cenacolo dei Poeti e scrittori varesini e varesotti.
È stato direttore insieme con Martin Poni Micharvegas di una rivista on line “I poeti nomadi”.
Pubblicazioni
Ha pubblicato: “Lumen XXVIII” (collana di poeti e scrittori contemporanei) Ed. Mondo Letterario, Milano, 1969; “Viva e abbasso” (poesie), ed. Rebellato, S. Donà di Piave (Ve) 1985; “Bosinata”, (romanzo) Scrittura Creativa Edizioni, Borgomanero, 2000; “Le rovine del Seprio”, 2010, ed. Macchione, Varese; “Il seme della notte”, testo varesino a fronte “La suménza du la nòcc”, (poesie) Scrittura Creativa Edizioni, Borgomanero, 2014 (Primo premio al concorso “I Murazzi” di Torino, 2015; segnalato al concorso “Tra Secchia e Panaro” di Modena e al premio “Alda Merini” di Brunate, 2015); “Rosa fresca aulentissima”, (romanzo) Genesi editrice, Torino, 2018 (premiato a “I Murazzi” come inedito con dignità di stampa); “La maestrina del Copacabana e altri racconti” (racconti) Genesi Editrice, Torino, 2020 (premiato a “I Murazzi” come inedito con dignità di stampa); Vincitore del primo premio di Poesia Inedita “Francesco Graziano”, 2020, Ilfilorosso, Rogliano (CS) con la silloge “Maris ast” (Diploma d’onore al Premio Sergio Corazzini dell’Accademia Internazionale Il Convivio, 2022); Finalista con “Sfulcìtt – Inganni” al concorso Ischitella – Pietro Giannone 2022; “Sfulcìtt – Inganni”, Sulmona, Lupieditore, 2022, Primo Premio al Concorso di Poesia dialettale Tirinnanzi di Legnano (2023). Nel 2024 ha vinto il primo premio al Concorso “I Murazzi” di Torino per la raccolta inedita “Visighéri da vùus – Confusioni di voci” che sarà pubblicato da Genesi Editrice.
È presente nell’antologia degli scrittori varesini “I stràa d’ra Puesìa” con la raccolta “Quàtar vèrs tiràa de sbièss”, Varese, 2012; nell’antologia “La Grande Guerra – La follia della Realtà” con il racconto “Disertori” 2016, edito da Uni3 di Sesto Calende; nella plaquette: “Riflessi” edito da Pagine, Roma, 2015; nel volume antologico a tema “Seguendo la Stella”, edito da Ilfilorosso, Cosenza (2020); nell’Antologia celebrativa “Voci dai Murazzi 2022”, Torino (2022); nella collana “Manifesto nuova Etica Ecologista”, diretta da Vincenzo Guarracino, Milano (2023); nell’Antologia “Il pensiero poetante – L’immaginario”, a cura di Fabio Dainotti, Genesi Editrice, 2023.
Collaborazioni
Ha collaborato ai seguenti volumi: Consorzio Casa di Milano 1962-1972, ed. Centro studi della cooperazione, Milano, 1973; Ilario Bianco, Il movimento cooperativo italiano, ed. Baldini & Castoldi, Milano 1975; Prefazione al volume “Guido Bertini, Commedie dialettali”, ed. Nicolini, Gavirate (Varese) 1985; “Calandari d’ra Famiglia bosina” (2017, 2018, 2019, 2020, 2021, 2022).
Ha collaborato alle seguenti riviste e quotidiani: Cooperare, Tracce (Varese), La Prealpina, Il Majakovskij, Gazzetta dei giornalisti, Il Sabato, Avvenire. Attualmente collabora con la rivista torinese “Vernice” e catanese “Il Convivio”.
Opere teatrali
“Un diavolo per marito”, “Diritto e rovescio”, “La lüna in dul pozz”, “La luna nel pozzo”. Traduzioni teatrali: “A scatola chiusa”, “Ul dutur du la mè dona”, “Dì mia gatt se l’è no in dul sacc” di G. Feydeau ; “El dutor di matt” di E. Scarpetta; “Il delitto di via Spiga”, “L’anima travasata” e “Bottega di bellezza” di G. Bertini, “Agenzia investigativa ovvero On caprizzi e poeu pù ” di S. Fayad, “Il misantropo e lo spazzacamino” e “La lista di Rosafol” di E. Labiche.
Traduzioni dallo spagnolo (in collaborazione con Maria Luz Loloy Marquina) da:
Luis Rogelio Nogueras, Alex Pausides, Jesus Cos Causse, Atilio Jorge Caballero (Cuba); Poni Micharvegas, Gloripe Antòn, (Spagna) Roberto Jorge Santoro, Rolando Revagliatti, Juan Gelman (Argentina) Abelardo Sanchez-Leon, Antonio Cisneros, Cesar Vallejo (Perù), Neruda (Cile), Lennart Sjögren (Svezia, tramite la traduzione in castigliano di Ingrid Wickström).
È su facebook
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I SUOI LIBRI
Visighéri da vùus è un’opera della maturità splendente di ingegno e di cultura di Enea Biumi, che mette a segno una poesia composta con le intelligenze multiple esplorate da Howard Gardner, in un ponte d’arcobaleno che sottende le aree della documentazione storica, dell’interpretazione emotiva e della descrizione spaziale, nella duplice espressione di una parola che si osserva allo specchio, nella sua dimensione popolare e in quella del rigore letterario, esempio di una complessità ideativa, che non è mai complicanza, ma, al contrario, è il valore coeso della semplicità.
Forse, potrebbe essere rivelativo risalire a Charles Bukowski e alla sua sempre citata formula essenziale da seguire non solo per fare poesia, ma anche per capire qualsiasi significato rivelatore della vita e dei suoi enigmi, “La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità”. Tuttavia, è anche vero che la semplicità è complessa, e non è una contraddizione, ma è un ossimoro, nel senso che non si può avere una semplicità senza avere la totalità, perché la semplicità parziale sarebbe un tromp l’oeil, sarebbe una sorta di inganno da madonnaro, cioè una falsificazione. Il semplice deve anche essere tuttoquelchecè. Per capire la semplicità delle cose, bisogna avere il coraggio di affrontare la confusione. Bisogna tuffarsi dentro, come il delfino nel vasto mare: nuotare con gioia nell’elemento che totalmente ci possiede. La confusione delle voci è da sempre considerata come La Voce per antonomasia, perché già per i latini valeva il proverbio vox populi, vox dei. La confusione delle voci è per definizione il concetto popolare di tuttoquelchecè, che già diviene una contaminazione escatologica con l’idea semplice, quasi alla mano, dell’universalità. Visighéri da vùus è l’espressione in dialetto varesotto in tutto corrispondente a vucciria in dialetto palermitano, cioè la confusione, che poi altro non è che uno dei due più importanti mercati della capitale siciliana, insieme a Ballarò. Sono mercati piazzati in strade cittadine del centro storico, strette e contorte quasi come vicoli, dove si avanza in uno struscio continuativo, tra bancarelle, rivenditori urlanti, richiami di madri, pianti di figli, risate e schiamazzi, osservazioni petulanti o spiritose, motorette spernacchianti, carrettini ingombranti, tutt’intorno a una pandemia mercatistica composta da tuttoquelchecè, cioè una confusione incredibile di articoli da mangiare per pranzo, per cena, per il passeggio in strada, insieme a materiali del vivere quotidiano, per la casa, per i viaggi, per il diporto, che rappresentano la cosa più semplice di questo mondo, perché ogni roba si capisce al volo, intuitivamente: la grande confusione parla senza inganni e in totale semplicità.
L’operazione letteraria di Enea Biumi rappresenta per lo meno una Trimurti di valori, perché tocca le tre grandi aree della cultura. In primo luogo, il linguaggio, nelle sue due splendide versioni proponibili da un bravo poeta italiano: cioè, il dialetto e la lingua nazionale. Va detto che ogni regione italiana possiede questa doppia profondità di visione interpretativa e descrittiva della realtà: la visione dialettale, tutta basata sull’intelligenza emotiva, musicale e spaziale, e la visione letteraria, elaborata, invece, nella dimensione intellettiva logica e matematica, come è illustrato da Howard Gardner e dai suoi seguaci in psicologia, che oggi vanno per la maggiore. Precisamente, Enea Biumi mette a confronto le due versioni poetiche. Se vogliamo essere pignoli, non si tratta di traduzioni, ma appunto di versioni, cioè due modi e due mondi diversi di espressione poetica, perché il dialetto punta tutto sull’emotività, sulla musicalità e sulla spazialità dell’espressione, mentre la lingua nazionale punta tutto sulla ricostruzione astratta e logica dell’espressione verbale, in modo scientifico e matematico. In secondo luogo, l’altra divinità della Trimurti rappresentata da Biumi è il senso del tempo, questo Dio umano troppo umano, congegnato nelle famose Tre Età, dipinte dai maggiori pittori del Rinascimento e del Barocco, ma anche dopo, fino ad arrivare a tutto il Novecento, tanto per citare Gustav Klimt e i suoi contemporanei e per arrivare fino a Botero. Muovendosi tra Est ed Ovest: il Tempo è l’enigma più affascinante rappresentativo della vita e della morte che è stato totalmente inventato dall’uomo, ma che non esiste nel progetto creativo dell’universo, quest’ultimo è misurabile solo per spazio e per energia, ma non certo per il tempo, a meno che si voglia concepire l’eternità come una grandezza umanamente definibile. Invece, ecco che ogni dimensione umana, descritta o, meglio, interpretata da Biumi passa attraverso lo scorrere delle stagioni di Vivaldi – quest’ultimo anche apertamente occhieggiato nei versi del Poeta – l’adolescenza, la gioventù e l’anzianità sempre si riconoscono negli intrecci poetici bene calibrati e fanno capolino nelle vicende umane. In terzo luogo, l’ultima divinità della Trimurti culturale è l’erranza, consistente sia nel compiere l’itinerario odisseico sia anche nel commettere l’errore, lo sviamento, la dispersione e la perdita. Biumi ha in sé qualcosa di Georges Moustaki. C’è in lui un concetto di meticciato, qualche elemento dello straniero, che si abbevera ad ogni fonte, ma lo fa con molta eleganza, perché cita il Capitano d’Alto Mare Pierre Loti, divenuto accademico di Francia per i suoi romanzi d’avventura. Idealmente, il Poeta sale a bordo dell’Orient Express, in felice intesa letteraria con Agatha Christie e compie il viaggio con destinazione Istanbul, per poi proiettarsi al di fuori della citazione resa in omaggio alla regina del racconto in giallo, ovviamente di illustrissima fattura, e continuare l’avventura all’interno di un’esperienza autobiografica fino nell’isola per metà greca e per meta turca di Cipro, nell’unica città al mondo, Nicosia, ancora divisa in due stati contrapposti che si osservano in cagnesco, come un tempo fu di Berlino Est ed Ovest. Il segno dei tempi e delle ostilità guerresche, che costituiscono la pazzia del primo quarto del nuovo secolo, aggalla apertamente nei testi poetici, che divengono anche una documentazione storica. Visighéri da vùus è un’opera della maturità più splendente di ingegno e di cultura di Enea Biumi, che mette a segno una poesia composta con le intelligenze multiple esplorate da Howard Gardner, in un ponte d’arcobaleno che sottende le aree della documentazione storica, dell’interpretazione emotiva e della descrizione spaziale, nella duplice dimensione di una parola che si osserva allo specchio, nella sua dimensione popolare e in quella del rigore letterario, esempio di una complessità ideativa, che non è mai complicanza, ma, al contrario, è il valore coeso della semplicità.
Sandro Gros-Pietro
Il racconto iniziale fornisce il titolo all’intero libro e mette a fuoco sia la bigotteria bacchettona sia la sensualità animosa caratteristiche della vita provinciale nelle quali viene coinvolta Nuccia maestra di scuola elementare, che ha una seconda vita col nome di Schilly, intrattenitrice di locali notturni. Nel secondo racconto si assiste ai divertenti e tortuosi percorsi di avanzamento sociale dell’intraprendente e galante Serafino che da trovatello riesce a emergere, conquistare l’amore della bella moglie e di un amante, ma a sua volta verrà tradito e tutto si concluderà nella più classica delle tragedie. Il terzo racconto si dipana intorno al fil rouge dei luoghi sacri al poeta Ungaretti, rievocati attraverso il percorso di iniziazione alla vita civile di un adolescente. Il quarto racconto possiede già lo spessore del romanzo breve, con intreccio prolungato nel tempo e con una trama di eventi raccontati tra analessi e prolessi da un vecchio che rivede l’intera sua esistenza, fino all’ultimo respiro. L’ultimo racconto è l’unico ad essere ambientato in un contesto di personaggi decisamente agiati, nel quale il maestro di windsurf compie la sua scalata fra piaggerie, incantamenti e meschinerie. Sandro Gros-Pietro I cinque racconti del noto scrittore varesotto Enea Biumi, riuniti nel libro che porta il titolo eponimo La maestrina del Copacabana, risultano ambientati nell’arco di anni che va dagli albori del fascismo fino all’affermazione in Italia della civiltà dei consumi e del welfare, ma mantenendo uno sguardo di particolare attenzione alle tradizioni del ceto contadino e per lo più piccolo borghese, con qualche eccezione riservata ai ceti più agiati e ristretti della società. L’ambientazione riguarda la vita di provincia, con gustosi inserimenti di espressioni dialettali, anche se non mancano interiezioni dal tardo latino di derivazione proverbiale o chiesastica. Lo stile narrativo è allo stesso tempo facondo e schietto, con un timbro di astuzia popolare che mette a fuoco la gioia di vivere, ma anche gli inciampi della malasorte e la tentazione ai sotterfugi o agli inganni. Nel complesso l’Autore ricostruisce un ricco mosaico sociale che incanta per la vividezza dei toni e delle luci, orientate a rappresentare la vita, l’amore e la morte sia alla luce del sole sia nelle tenebre dionisiache del peccato.
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Riflessioni tra dubbi, asserzioni, sogni, elaborati nella concretezza delle azioni quotidiane e dei ricordi, accompagnati dalla presenza costante della Natura.
I Stràa d’ra Puesia
MANIFESTO PER UNA NUOVA ETICA ECOLOGISTA
Il curatore non ha ritenuto di dovere consegnare alcun premio in danaro ai Maestri sacri di tanti anni di percorso compiuto insieme, perché ciascuno di loro è già premiato dai riconoscimenti che la Poesia italiana ha rivolto loro ponendoli al centro dell’attenzione critica. Tuttavia, il curatore non può rinunciare al piacere di rivolgere l’omaggio della dedica di questo repertorio al Poeta Corrado Calabrò, nominandolo per quello che egli è sempre stato e continuerà a essere in futuro: Amico dei Poeti e amato dalla Poesia.
ARESE – Fra le pieghe della provincia varesina, su un biglietto sono scritte parole che racchiudono il mistero di una sparizione: “Rosa fresca aulentissima”. Proprio questo il titolo dell’ultimo romanzo di Giuliano Mangano, poeta, scrittore, regista ed attore varesino noto anche con lo pseudonimo di Enea Biumi fresco vincitore del riconoscimento per inediti “dignità di stampa” all’ultima edizione del concorso ‘I Murazzi’ indetto dall’Associazione Elogio della Poesia. Un giallo di fantasia, quello di Mangano, che ha preso forma quasi per caso da un incrocio di ispirazioni, che mostra la familiarità dell’autore con i vari colori della lingua insieme alla sua capacità di restituire un mondo periferico di provincia percorso da luci e ombre. Con il romanzo” Rosa fresca aulentissima” (ed. Genesi) la nostra provincia si tinge di giallo… Si tratta di un episodio inventato ambientato in un paesino qualsiasi, dove ritroviamo un immaginario che appartiene al nostro territorio. Senza anticipare troppo, nel romanzo si parla della sparizione della ragazza più bella del paese, che è la figlia del sacrestano. «Lo spunto c’era già in una bosinata che avevo composto trent’anni fa. C’è un maresciallo siciliano che conduce le indagini e ci sono tanti sospettati: dal fidanzato ex-seminarista, al maestro del coro, all’organista e così via.» Com’è nato l’approccio con la scrittura? E con il dialetto? «Prima è nata la passione per la poesia, il dialetto l’ho riscoperto poi grazie alle canzoni dei Gufi e al teatro. Appartengo alla generazione anni ’50 a cui il dialetto era stato proibito. Mi interessavano gli spettacoli di Guido Bertini. Anche in questo romanzo c’è del dialetto, non solo varesino, visto che nella storia ci sono anche un farmacista genovese e un maresciallo siciliano». Prosa, poesia, nella scrittura emergono diversi lati della tua personalità… «Nel romanzo c’è la passione per lo scrivere, il fatto che questo sia diventato un giallo è venuto così. Nella mia poesia invece c’è ironia, soprattutto nelle bosinate». Forte anche la sua passione per il teatro. In passato ha fondato la compagnia Il volto di velluto, «Nel 1999 recitavamo soprattutto in italiano. Nel tempo la compagnia ha continuato il suo percorso e ci sono stati dei cambiamenti. Oggi sono con loro come attore. Il 9 giugno saremo a Casalzuigno con lo spettacolo “A piedi nudi nel parco” di Neil Simon in cui ho un ruolo da un minuto. In passato ho insegnato teatro ai ragazzi di Gavirate e per un paio d’anni sono stato anche regista della compagnia di Bogno. Ora insegno Laboratorio teatrale all’Unitre di Sesto Calende». Anna De Pietri
Il seme della notte. Testo varesino a fronte
Romanzo gossip di provincia: panoramica di una famiglia in declino. Rumors su personaggi chiusi ognuno nel proprio mondo, fatto di perbenismo, isolati col proprio fardello di desideri, sogni, frustrazioni, fallimenti. Da questa deriva si riscatta, Andrea, secondogenito della famiglia, deciso a rompere la corazza opprimente del contesto, che incarna il senso di libertà e ribellione. Dall’impasto linguistico, che coniuga lingua parlata, dialetto, termini ricercati e latinismi, scaturisce un’ironia garbata e sottile che determina la cifra del romanzo risolta nella “catarsi” finale.
PASSIONI DI ENEA
CARLO ZANZI – 14/12/2018